IL TERZO SETTORE OGGI
In Italia l’approdo al riconoscimento di un Terzo Settore dell’economia (pervenuto solo con la Riforma del 2017 ma tuttora non arrivato a buon fine, causa la mancanza di numerosi decreti attuativi che tardano ad essere emanati) è stato faticoso e contrastato.
Si è trattato di una lunga battaglia intrapresa, spontaneamente e dal basso, da quella vasta gamma di espressioni dell’economia civile e di corpi intermedi che si riconoscono in questo ambito, fino a pochi anni or sono misconosciuto: sia da molti studiosi di diritto che da numerosi economisti.
Se infatti gli studi macroeconomici e sociologici a livello europeo da decenni vedevano privilegiata questa porzione della società e dell’economia, nel nostro Paese sono intervenute sia barriere ideologiche che pregiudizi di altra natura (dettati in gran parte da interessi e da visioni miopi abbarbicate al passato) nonché veti politici: i quali hanno ritardato la sua legittimazione con pari dignità fra gli attori del sistema-Paese.
Oggi finalmente anche le analisi econometriche classificano il terzo Settore fra le componenti più vivaci del Paese.
Ad un anno dalla pubblicazione dei dati del primo Censimento permanente delle istituzioni non profit vengono diffuse stime aggiornate al 2016 sulla consistenza e le principali caratteristiche strutturali del settore non profit.
Nel 2016, le istituzioni non profit attive in Italia sono 343.432 e complessivamente impiegano, alla data del 31 dicembre 2016, 812.706 dipendenti.
Rispetto al 2015, le istituzioni crescono del 2,1%, i dipendenti del 3,1%; si tratta quindi di un settore che continua ad espandersi nel tempo con tassi di crescita medio annui in linea con il profilo delineato dai censimenti tradizionali.
Cresce il numero delle istituzioni non profit rispetto alle imprese dell’industria e dei servizi e anche quello dei lavoratori: dal 5,8% del 2001 al 7,8% del 2016 per le istituzioni e dal 4,8% del 2001 al 6,9% del 2016 per gli addetti.