La digitalizzazione, la gestione delle infrastrutture e la partecipazione ai bandi sono fondamentali per riportare alla vita i piccoli borghi e le aree rurali italiane, oggetto dell’azione di Hospitis. Proprio di questo abbiamo parlato con Andrea Prato, direttore generale dell’impresa Albatros srls
Direttore Prato, esattamente di cosa si occupa la società Albatros?
Albatros è uno studio associato che indirizza e fa consulenza per enti e imprese verso la finanza agevolata, in particolare in questo periodo verso i bandi PNRR. Siamo tra i fondatori del progetto Hospitis insieme alla Fondazione Futurae. Il nostro coinvolgimento riguarda la capacità di intercettare risorse finanziarie agevolate ordinarie per realizzare le infrastrutture del bando e finalizzare le pratiche dei bandi. Inoltre, nello specifico, ci occupiamo di dare ulteriori elementi di assistenza assicurando la possibilità di partecipare anche a bandi settoriali per la transizione ecologica e le comunità energetiche.
Quali sono le ricadute attese e sperate per Albatros?
Per Albatros l’obiettivo è far sì che i Comuni aderenti diventino resilienti e che combattano le grandi sfide che i piccoli Comuni italiani stanno perdendo, soprattutto spopolamento e invecchiamento, portando azioni concrete che vengono messe in campo come comunità energetiche e progetto Hospitis, più eventuali interventi in ambito digitale. I borghi devono rifiorire e diventare punti di riferimento. Non c’è turismo rurale se non ho energia, digitalizzazione, connessioni in fibra, se non ho collegamenti evoluti come da attese delle persone. I Comuni devono essere strutturati materialmente e immaterialmente.
In conclusione, cosa pensa che vorrebbero i residenti dei piccoli borghi e delle aree interne, e cosa augurerebbe loro?
Questi interventi bloccano l’erosione demografica in atto ed è un primo obiettivo fondamentale, poi si possono attrarre nuove famiglie che vadano a vivere in questi contesti. La pandemia ha riaperto la partita, partita che ora possiamo provare a vincere. I borghi prima diventavano località fantasma senza possibilità d’appello, ora invece c’è un’inversione di tendenza, si è dimostrato che vivere nelle periferie delle grandi città è peggio che vivere in un paese a 30 km dal centro. Se vogliamo che famiglie con figli si trasferiscano in un paese periferico, però, dobbiamo dare lor infrastrutture sociali e materiali, connettività per il lavoro, impianti sportivi, energia a basso costo, altrimenti la gente non ci verrà. Fino al 2019 la partita era finita e persa, ora le città non crescono più, ma dobbiamo strutturarci ulteriormente per offrire i servizi, infrastrutture e paesi piacevoli da vivere, dobbiamo offrire i medesimi servizi di una grande città ma con la qualità della vita del borgo, e ovviamente ci auguriamo che, a fronte di questi investimenti e di queste migliorie, anche i giovani e le famiglie vorranno ripopolare le aree interne e i piccoli Comuni.
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